L’acquisto del pesce è sicuro quando le etichette parlano chiaro al consumatore. La legge impone, infatti, che in tutti i casi siano riportate una serie di informazioni essenziali: il nome commerciale della specie, se l’origine è allevamento o pesca, il mare o nazione di provenienza. Lo prevede il regolamento europeo 104/2000 – relativo all’organizzazione dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura – approvato da un decennio ma tuttora poco conosciuto, anche perché non sempre applicato nei negozi. Le norme riguardano anche la sicurezza del pesce crudo.
Nome e provenienza. Risulta essere possibile indicare lo stesso pesce con più nomi diversi: basta andare da Nord a Sud nel nostro Paese per passare da branzino a spigola. In caso di allevamento (tra i più comuni, il salmone e l’orata) va indicata la nazione di provenienza: non il mare perché occorre identificare l’ultima fase di vita dell’esemplare.
Quali alimenti. Il regolamento riguarda pesci e filetti, molluschi, crostacei. Lo stato del pesce può essere vivo o fresco, congelato, salato, affumicato. Fuori dal perimetro, quindi, conserve e altri preparati. Se non diversamente indicato, il prodotto si intende fresco; in caso di pesce decongelato, il banco della pescheria o del supermercato deve riportare questa indicazione: “Pesce decongelato, da consumarsi entro le 24 ore e da non ricongelare”.
Zone di cattura. Il mondo della pesca è suddiviso in 12 aree: mari (Baltico, Mediterraneo, Nero) oceani Indiano, Pacifico e le sei parti dell’Atlantico: (nord-occidentale, nord-orientale, centro-occidentale, centro-orientale, sud-occidentale e sud-orientale) e Antartico. Naturalmente, la legge consente di indicare un livello di dettaglio maggiore: ad esempio, mar Ligure. La zona di cattura è sempre obbligatoria per il pesce catturato in mare. Per quello allevato in mare aperto si indica il Paese, come nel caso dell’allevamento in acque interne.