Il corpo è poco compresso lateralmente, allungato. La testa è grossa col profilo convesso; l’occhio, grande, è staccato dal profilo superiore (a differenza di M. barbatus, il cui profilo anteriore della testa è quasi verticale e dove l’occhio è aderente al profilo superiore).
La bocca, ampia ed orizzontale, presenta sotto la mandibola inferiore le due lunghe e caratteristiche appendici cutanee dette barbigli, con funzione tattile. Il colore, variabile a seconda l’ambiente, è generalmente rosso-arancio o rossastro sul dorso e biancastro sul ventre; i fianchi, rosei, presentano 3-4 fasce longitudinali giallo-dorate.
La prima pinna dorsale è costituita da raggi spinosi contrariamente alla seconda che è costituita da raggi molli. La specie ha capacità mimetiche notevoli ed il suo colore, come detto, si adatta alle circostanze ed al substrato; in relazione ad un pericolo la colorazione cambia rapidamente, tanto da costituire un segnale per il branco.
L’animale può raggiungere anche i 45 cm di lunghezza.
La Triglia di scoglio mostra le stesse abitudini di vita sia nella fase giovanile che in quella adulta; vive su fondi misti (sabbia, pietra, scoglio, fango, prateria a Posidonia e Zostera) in prossimità delle coste e fino alla profondità di circa 60 metri. Le abitudini sono gregarie. Gli esemplari giovani si spingono anche in acque bassissime e mostrano di non temere l’uomo.
Gli esemplari adulti sono più sospettosi e talvolta si affossano parzialmente nella sabbia rimanendo fermi allo scopo di passare inosservati La specie è alla continua ricerca di cibo che scova “frugando” nella sabbia, nel fango e nei detriti, con i barbigli. Questa triglia si nutre abitualmente di Molluschi, Vermi, Echinodermi, e di alcuni generi di Crostacei.
La pesca, viste le qualità delle carni (molto apprezzate), si effettua in modo diversificato ed a ogni livello: la specie è insidiata da tramagli, sciabiche, nasse, sciabichelli e da semplici lenze.
La Triglia di scoglio era rispettata dai Greci (che la chiamavano Trigle) che la consideravano sacra ad Eclate0.
I Romani la chiamavano Mullus ed era considerata prelibata, tantoché divenne di moda comprarne a caro prezzo gli esemplari di grosse dimensioni: divenne così di moda (si narra di esemplari pagati 10.000 sesterzi (oggi 150.000 lire circa) ed ogni oltre ragionevole limite che l’Imperatore Tiberio applicò una particolare tassa sulla specie al fine di controllarne il prezzo.